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Scoliosi lombare dell'adulto
Autore: Bernard BIOT - Jean-Claude BERNARD - Grégoire Le BLAY
Data:

Scoliosi lombare dell’adulto

 

Bernard BIOT - Jean-Claude BERNARD - Grégoire Le BLAY

 

IX Congresso Internazionale S.I.R.E.R. - “Il Rachide Lombare”

Cappella Ducale di Palazzo Farnese - Piacenza 30 settembre - 2 ottobre 2004

 

Introduzione

 

La scoliosi lombare ha una vertebra apicale in L2 o L3 (definizione SRS). Può all’età adulta far seguito

ad una scoliosi apparsa durante il periodo di crescita o presentarsi ex novo all’età adulta. Una volta

costituita, questa curva ex novo si confonde con le altre.

 

La sua particolarità è dovuta al suo collegamento con la pelvi per la localizzazione, per i legamenti ileo lombari e per le eventuali variazioni morfologiche della cerniera lombosacrale.

 

I fenomeni degenerativi, la cui frequenza ed importanza aumentano con l’età, spiegano l’evoluzione di

queste curve.

 

1 – I meccanismi di evoluzione

 

1.1 – L’asse vertebrale Sul piano frontale

 

I sovraccarichi passano a livello delle concavità; alterano la struttura discale la cui altezza diminuisce

nei punti di iperpressione. Ne consegue una modificazione della relativa disposizione degli elementi

vertebrali. Si associa una reazione del corpo vertebrale; i sindesmofiti concavi irrigidiscono la zona

apicale.

 

Le faccette articolari si impattano asimmetricamente, formando un perno rotatorio. Si ipertrofizzano a

causa dei sovraccarichi, spiegando l’artrosi ed il successivo restringimento canalare.

 

Sul piano saggitale

 

La perdita di altezza discale, fenomeno dominante, spiega in parte l’evoluzione cifotizzante.

 

Il ruolo della placca condrale è fondamentale negli scambi reciproci disco/osso vertebrale. Ogni lesione

al suo livello rischia di accelerare l’involuzione discale.

 

L’invecchiamento è aggravato dall’osteoporosi e dalle alterazioni vascolari.

 

Il rimodellamento osseo modifica la geometria infrastrutturale del corpo vertebrale. L’asimmetria così

creata peggiora il difetto di “ammucchiamento”.

 

Infine, alcuni elementi di anatomia non devono essere trascurati :

 

  • morfotipologia: spessore e profondità pelvica

 

  • altezza delle vertebre e dei dischi

 

  • disposizione della cerniera

 

  • manicotto muscolare perivertebrale (psoas – massa comune lombosacrale)

 

  • ruolo dell’addome, del diaframma e del piano pelvico

 

  • adattabilità della zona sottopelvica (retrazioni dei flessori dell’anca...)

 

1.2 – Le conseguenze funzionali

 

Il movimento

 

Non modificato in assenza di lesione dei segmenti intravertebrali, al di sopra della perdita d’estensione

del 38% si modifica con conseguente deterioramento discale. L’estensione è la prima interessata e può

compromettere la verticalità.

 

Progressivamente, le altre ampiezze articolari sono diminuite.

 

Questo fenomeno inizia presto nell’adulto giovane e sembra al massimo nel range 50/65 anni. Una volta

costituite le rigidità, l’alterazione del movimento è meno rapida.

 

I sovraccarichi sono aumentate a causa dei disfunzionamenti e delle perdite di appiombo facilitando la

progressione dei fenomeni degenerativi.

 

1.3 – Gli elementi muscolari

 

Meno evidenti, sono altrettanto importanti.

 

Alle modifiche istologiche proprie delle scoliosi (fibre I – fibre II) si aggiungono l’accorciamento dal lato

concavo e l’allungamento dal lato convesso, che peggiorano in funzione dell’angolo mentre le

performances muscolari diminuiscono con l’età. Le lesioni evolutive attivano contratture, facendo così

perdere il valore funzionale ai muscoli.

 

La gestione dell’asse vertebrale diventa sempre più insufficiente.

 

1.4 – La propriocezione

 

Ugualmente perturbata nella scoliosi, segue la stessa evoluzione del muscolo, tanto più che sono

anatomicamente correlati.

 

1.5 – I fattori peggiorativi

 

Ogni irrigidimento sottopelvico accelererà i processi involutivi e quindi l’evoluzione della curva. La

coxartrosi ne è l’esempio tipico: la perdita del valore funzionale di un’anca impone dei compensi a livello

lombare, aumentando i sovraccarichi e i processi degenerativi.

 

I disturbi della regolazione muscolare sono frequenti: possono diventare evidenti dopo lo scompenso

della scoliosi. Si notano negli stati depressivi, nelle sindromi extra-piramidali, nei disturbi della

coordinazione neuromotoria.

 

La zoppia, anche se per una lesione temporanea dell’arto inferiore, può facilitare lo scompenso della

scoliosi.

 

Una patologia occasionale, soprattutto se c’è allettamento prolungato, è un meccanismo che facilita lo

scompenso al momento della ripresa delle attività.

 

2 – L’ evoluzione

 

Succede più o meno precocemente a seconda della resistenza dei tessuti e delle costrizioni che sono

imposte. Le leggi generali sono state perfettamente descritte da Jean-Claude Bernard. La curva evolve:

l’angolo di Cobb è un buon riflesso.

 

La pelvi, inclusa nella curva o contro-curva, diventa obliqua, creando una falsa disegualianza degli arti

inferiori. Quando la curva è importante, si crea un dislivello insopportabile, corretto da un adattamento

degli arti inferiori (flesso o equino).

 

L’evoluzione cifotizzante costringe il bacino in retroversione e progressivamente gli arti inferiori si

mettono in pseudo-flexum (iperestensione delle anche + retroversione pelvica).

 

L’equilibrio è allora precario; il ritorno ad un’asse di gravità corretta è impossibile. I compensi sono

indispensabili ma peggiorano la situazione.

 

La velocità di evoluzione varia da un soggetto all’altro ; può cambiare nel tempo anche per la stessa

persona. Si deve allora sapere se si tratta di un processo di degenerazione dell’infrastruttura oppure di

un difetto di gestione del rachide.

 

3 – I segni che seguono

 

Sono classici

 

I dolori, muscolari o vertebrali:

 

  • si deve determinare l’origine. La localizzazione è variabile: si trova nella cerniera lombosacrale

nell’ 80% dei casi, mentre la curva principale dolorosa si evidenzia soltanto nel 30% dei casi e si

accompagna di solito ad una spinta evolutiva.

 

  • Le radicoalgie non sono eccezionali, non hanno particolarità, tranne un aumento della frequenza

delle cruralgie.

 

  • Il canale lombare ristretto scompensa solo eccezionalmente.

 

La perdita di altezza rifletta l’evoluzione, a condizione che sia correttamente parametrata. La

variazione di mobilità è correlata ad una perdita di indipendenza e un aumento delle costrizioni e dei

dolori. Il soggetto si china in avanti appena sorge la stanchezza. Un stadio ancora e non può più

raddrizzarsi.

 

L’addome si deforma: sporge in avanti, trovando cosi l’aggiustamento volumetrico alla diminuzione di

altezza.

 

I disturbi respiratori sono più legati alla riduzione delle performances generali e alle modifiche spaziali

del diaframma e dell’addome, che alla deformazione.

 

4 – La scoliosi lombare precedentemente operata

 

Il principale problema è la qualità dell’artrodesi, che determina la stabilità a lungo termine.

 

Lo zoccolo sul quale riposa l’artrodesi dev’essere perpendicolare, evitando le rotazioni residue. Se alcuni

miglioramenti dello stato delle cerniere sono stati descritti a medio termine nel post operatorio delle

VDS, ogni asimmetria provoca sovraccarichi e una ripresa evolutiva della zona lasciata libera,

rischiando di compromettere l’appiombo della parte artrodesata.

 

La mobilità residua deve facilitare il ritorno all’ideale appiombo verticale; ogni squilibrio genera

sovraccarichi che impongono dei compensi stabilizzatori.

 

5 – Condotta da tenere

 

Non si può fare a meno di controllare: si individuano i disfunzionamenti da riprogrammare, si notano le

lesioni dei segmenti intervertebrali iniziali.

 

La valutazione dei dati clinici e radiologici permette allora di dare le indicazioni terapeutiche :

 

  • assenza di cure specifiche

 

  • rieducazione – riabilitazione

 

 

  • trattamento ortopedico conservativo

 

  • trattamento chirurgico

 

In conclusione

 

La scoliosi lombare rischia di evolvere da un giorno all’altro in età adulta. Per evitare i fattori

peggiorativi, si deve conservare un buon patrimonio osseo, un muscolo efficiente attraverso un

comportamento neuromotorio corretto ed una propriocezione ben regolata.

 

L’elasticità condiziona la libertà del movimento e dipende dall’alterazione dei segmenti

intervertebrali.

 

Il controllo abituale ogni cinque anni per l’adulto giovane, diventa più regolare all’inizio con la comparsa

delle prime lesioni dei segmenti intervertebrali.

 

Aumenta appena si notano dei disturbi funzionali per non lasciare passare delle tappe terapeutiche,

evitando così alcune situazioni drammatiche.